DESDE EL JARDÍN (ARTÍCULO COMPLETO)
- Pulgones1. Agua a presión: l os pulgones se pueden repeler dándole a las plantas una ducha fuerte con la manguera. Sujeta con una mano los brotes que contienen pulgones y echa el agua a presión. Haciendo esto varias veces, desaparecen.2. Agua jabonosa: llena de agua un pulverizador de litro o litro y medio y añade una cucharadita de lavavajillas, jabón natural o jabón de potasa. Rocía las plantas.3. Agua y colillas de tabaco: otro remedio contra pulgón es coger los restos de los cigarros, meterlos en agua 24 horas, cuélalo y luego aplica el líquido en pulverización. Se puede emplear como preventivo, antes de ver los pulgones.
- Cochinillas
Quita todas las Cochinillas que puedas a mano una a una. - Mosca blanca
Placas amarillas
Es posible combatir la Mosca blanca pulverizando con agua y jabón.
Otro método es usar unas tiras o placas de color amarillo untadas de pegamento. El color amarillo las atrae y se quedan pegadas. - Caracoles y babosasUn recipiente con cerveza produce un olor que los atrae y caerán dentro. Luego los recoges y eliminas. Otra opción es preparar un cebo mezclando 250 gramos de salvado con 14 gramos de metaldehído en polvo. Una vez hecha la pasta, haz pequeñas bolas y humedécelas con agua para colocarlas estratégicamente a una distancia prudencial de dos o cuatro metros.
- Captura a mano
Escarabajos, orugas, gusanos, caracoles, babosas... éstos últimos por la noche después de una lluvia o riego. - GatosUn método para ahuyentar a los gatos es llenar con agua algunas botellas de plástico trasparente y colocarlas entre las plantas. Los reflejos del sol sobre la botella ahuyentan a los gatos.
Los gatos se ahuyentan con repelentes electrónicos que emiten ultrasonidos. También venden líquidos repelentes. - Pájaros y uvas
Racimos de uva protegidos de los pájarosAclara de exceso de racimos la parra para que engorden los mejores y protégelos de los pájaros con conos del papel de estraza, dejando algunos al descubierto para que se centren en ellos los pájaros y no piquen a los otros.
LA BELLONA
All'estremità dell'ampio corridoio al secondo piano
degli uffici del ministero della difesa c'è appeso un grande
orologio. Alle sei del mattino una fioca luce incomincia a penetrare
dalle alte finestre allineate su di un lato, sul lato opposto le
porte degli uffici sono ancora tutte chiuse.
Dall'ingresso di fondo entra un inserviente con un
largo scopettone. E' un omettino che procedendo lungo tutto il
corridoio, tenendosi su un lato del medesimo accumula contro lo
scopettone tutto ciò che questo incontra, poi, fatta una
conversione, ripercorre tutta la lunghezza del corridoio per fare lo
stesso servizio dall'altro lato.
E' il primo segno di vita. Dopo circa un'ora altre
persone compaiono riunendosi ad una estremità, attorno ad un
distributore automatico di caffè. Gli impiegati degli uffici di
questo corridoio arrivano a poco a poco verso le otto. Anch'essi si
trattengono nei pressi della macchinetta distributrice per
sorseggiare la bevanda dai bicchierini di plastica e per le
chiacchiere del mattino. Tutti hanno già provveduto a timbrare il
rispettivo cartellino all'ingresso di sotto, perciò possono
tranquillamente conversare, scherzare, malignare, criticare o
commentare le partite del giorno prima.
Verso le otto e trenta quasi tutti sono presenti, nella
chiara luce del giorno che ormai entra dalle finestre. Impettito
avanza e passa in mezzo a loro il Colonnello, impeccabilmente in
divisa, non fa alcun cenno di saluto ed entra nel suo ufficio, chiude
la porta e rimarrà là dentro fino al pomeriggio, allo scadere
dell’orario di lavoro.
Subito dopo passa la "colonnella", cosiddetta
perché altrettanto impettita nel suo castigato abito grigio. Anche
lei, dall'alto della sua statura e della sua autorità non degna gli
astanti di uno sguardo, percorre tutto il corridoio ed esce dalla
porta in fondo senza proferir verbo.
Nessuno si decide ad entrare nella rispettiva stanza,
tutti fanno capannello con i soliti discorsi ed i soliti lazzi.
Alcuni di loro sono militari, altri civili, altri ancora sono
visibilmente militari in abiti civili.
Fra loro il ragionier M pare seguire le conversazioni,
ma in realtà, lo sanno tutti, tiene d'occhio l'ingresso in fondo al
corridoio. Il ragionier M è un piccolo capo ufficio della
Amministrazione, di quarto livello, veste sobriamente come tutti gli
altri, perché stravaganze personali o della moda non sono gradite.
Al contrario della maggioranza di loro non è sposato, vive solo e da
solo cura i suoi pasti ed i suoi indumenti. Le sue scarpe sono
perfettamente lucidate. Egli attende con malcelata ansia l'arrivo
della Bellona. Quando finalmente questa compare, egli si affretta ad
entrare nel proprio ufficio in modo che gli altri non possano
accorgersi della sua emozione.
La Bellona è così soprannominata perché
particolarmente appariscente, non più giovanissima, è un tipo
procace, labbra sensuali e ben dipinte, occhi truccati, seno
prosperoso, gambe ancor belle, camminata un poco provocante. Non si
trattiene con gli altri, i quali, mentre la conversazione langue, la
seguono con gli occhi per tutto il tempo della sua comparsa. Essa
entra nella stessa stanza dove è andato il ragionier M e, non appena
dentro, riceve il saluto caloroso di questi. Dopo aver ricambiato,
ripone il cappotto in un armadietto a lato della porta e si avvia al
suo tavolo
Nella stanza è presente e già al lavoro anche un'altra
persona, la signorina Santini, della quale nessuno ha notato
l'arrivo. Si tratta di una anziana, piccola e magra zitella, dai
capelli ormai quasi tutti bianchi, grosse lenti e aspetto
insignificante. Il suo tavolo da lavoro è colmo di incartamenti ai
quali essa subito dedica la sua attenzione. Il ragioniere sta alla
sua scrivania sul lato opposto della stanza e maneggia qualche foglio
senza in realtà prenderne visione. Egli ha provveduto a disporre i
tavoli, il proprio e quelli delle due donne, in modo da avere la
Santini lontana e la Bellona al centro, davanti alla finestra. In
questo modo egli la può osservare, seduta di fianco, non
seminascosta dietro al tavolo.
La scrivania della Bellona è sgombra, vi compaiono solo
alcuni fogli, come su quella del ragioniere. E' seduta con le gambe
accavallate e rivolte a lato, verso il ragioniere.
Per prima cosa questi le si rivolge per chiederle il
programma di riscaldamento dell'edificio. Entrando in ufficio egli ha
in tutta fretta messo di proposito questo documento sul tavolo della
signorina. Lei dunque disaccavalla le gambe e ruota sul sedile
girevole verso di lui per alzarsi. Nel far questo la sottana si
solleva al limite superiore della coscia, le gambe si aprono e, per
un istante che riesce a far durare una frazione di tempo in più,
mostra il bianco globoso della mutandina. Il ragioniere ringrazia e
prima di dedicarsi allo studio del documento trova il tempo per
ammirare le forme posteriori della donna mentre ritorna al suo posto.
Il documento è lo stesso di tutte le stagioni, riguarda gli ordini
per il riscaldamento degli uffici, con richieste indicazioni di vani,
volumi, calorie e via discorrendo, cose tutte delle quali il
ragioniere non sa e non capisce un'acca, ma egli se ne libera
rapidamente copiando semplicemente quello precedente, opportunamente
conservato, e firmando in calce. Chiede poi alla Bellona il favore di
passarlo alla Santini ed in tal modo dà il via ad una ripetizione
dello show precedente. Un solo documento consente due show, è come
prendere due piccioni con una fava.
Nel corso della giornata si avrà un altro rituale, lo
sguardo dalla finestra. E' un momento di sosta da un lavoro
costituito da tutta una serie di teatrini come quello del va e vieni
dei fogli, per dedicarsi all'ammirazione del paesaggio. Il paesaggio
è rappresentato da grandi palazzi simili a quello dove ci si trova,
con un brandello di cielo che offre l‘opportunità di parlare del
tempo. Ma l'opportunità è anche quella di porsi, da parte del
ragioniere, alle spalle della Bellona, tanto vicino da sfiorare la
sua schiena, ammirare il suo collo che tuttavia denuncia l'inizio di
qualche piccola ruga, aspirare l'aura del suo profumo, immaginare di
baciare la sua nuca, che i suoi capelli, impeccabilmente nerissimi,
tagliati corti, consentirebbero.
La Bellona è protagonista dei sogni notturni e diurni
del ragionier M, da anni. Non c'è minimo particolare della sua
persona, del suo abbigliamento, della sua voce, del suo muoversi che
egli non possegga nel corredo dei suoi pensieri. Tutto sa di lei e,
soprattutto, egli è costantemente aggiornato sul colore dei suoi
slippini e dei suoi reggiseni, visibili questi da sopra la spalla
durante i commenti meteorologici alla finestra. Egli ha immaginato
più volte di possederla, sarebbe anche felice di sposarla, tuttavia
ben sa che diverrebbe il centro dei malevoli commenti di tutto il
palazzo .Egli mantiene alto il tasso del desiderio nella speranza di
poter un giorno incontrarla in zona neutra, fuori dell'ufficio, in
una località di vacanza dove, per caso, si dovessero incontrare,
oppure in un Motel, che, ben si sa, è il classico posto per questi
incontri. Mai ha osato proporsi per una visita di cortesia a casa
sua. Ma le opportunità capitano da sole.
Fu
così che la Bellona ebbe un periodo di malattia, durante il quale il
povero ragionier M si sentì ancora più infelice e solo. Poté udire
la voce di lei al telefono quando volle informarsi sulla sua salute,
e sentì la sua voce invitarlo a farle una visitina a casa..
che le farebbe tanto piacere. Accettare e stabilire quando non fu
cosa facile. Poteva essere l'opportunità tanto sperata, ma nello
stesso tempo anche tanto temuta. Avrebbe voluto che fosse per
subito, ma in tal caso non avrebbe avuto il tempo di preparare il suo
animo ed imporsi quella tranquillità che riteneva indispensabile per
non fare le temute brutte figure.
L'accordo fu raggiunto fissando la visita per un giorno
in cui ella fosse ancora convalescente e però non troppo lontano.
Il ragionier M raggiunse il portone d'ingresso della
casa dove viveva la Bellona misurando i passi che lo avvicinavano
alla meta, così da non presentarsi né troppo in anticipo né in
ritardo. Non in anticipo, per non rivelare l'ansia che da tante ore
lo attanagliava. Non in ritardo, per placare finalmente l'ansia
stessa che lo tormentava. Non era mai stato prima in quella casa, che
pure aveva molte volte osservato dall'esterno cercando di immaginare
l'appartamento della sua amata e lei stessa fra le sue cose. Sapeva
in ogni modo che ciò che gli si sarebbe presentato in questa
occasione sarebbe stato completamente diverso da come lo aveva visto
con la fantasia. Sapeva per esperienza che la immaginazione non
corrispondeva mai a ciò che era la realtà.
Raccolse le forze, attese un attimo che il cuore
trovasse un suo battito più regolare, poi, gradino per gradino
ascese le scale fino a trovare su di una porta il cognome della
Bellona. Con impaccio teneva fra le mani un mazzetto di fiori ed una
scatola di cioccolatini. E si decise a premere il campanello.
L'attesa parve lunghissima fino a che, nel momento in cui si udì
aprire la porta, quasi sembrò troppo breve. Apparve sorridente,
coperta da una lunga vestaglia azzurra legata in vita da una cintura
della stessa stoffa.
<<E' stato gentile, ragioniere, a volermi venire a
trovare>> disse invitandolo ad entrare.
<<Mio dovere>> egli seppe dire, entrando nel
varco che lei aveva lasciato spostandosi e mantenendo aperta la
porta d'ingresso.
Gli omaggi che aveva portato pesavano nelle sue mani ed
egli se ne liberò offrendoglieli con un certo impaccio. Il <<non
doveva prendersi tanto disturbo>> convenzionale aprì la
conversazione guidandolo verso un salottino, laterale all'ingresso,
nel quale dominavano un divanetto, due strette sedie con imbottitura,
un televisore sul lato opposto e, alla parete contro la porta
d'accesso, una bassa libreria con qualche libro ed un buon numero di
oggettini di vetro o di ceramica. Qualche stampa riproducente opere
più o meno note adornava gli spazi rimanenti mentre, a lato del
televisore, spesse tende bianche coprivano la sola finestra da cui il
locale riceveva luce.
Il ragionier M sedette sul divanetto che la signorina
gli indicò come più comodo, poi ella, scusandosi, si allontanò per
andare in altra parte della casa a prendere il liquore ed il dolce
che teneva preparati per l 'occasione.
Nel ritrovarsi momentaneamente solo M trovò la forza di
riprendersi e imporsi un poco della calma che si era fermamente
proposto di mantenere. Provò anche a considerare le circostanze e
come esse si presentavano. L'ambiente era minuscolo e fors'anche più
intimo di quanto egli se lo fosse immaginato, la ragazza invece aveva
qualcosa di particolarmente familiare cui egli non era avvezzo. Pur
essendo ella ogni giorno davanti ai suoi occhi e davanti agli occhi
della sua mente ogni volta che non era fisicamente presente, ora
pareva alquanto diversa, più reale, più vera. Di una realtà, per
così dire, palpabile. Più pallida. Le labbra erano dipinte di rosso
vivo, come sempre, ma la carnagione era quella che giustamente si
addiceva ad una che in quei giorni si trovava a casa per malattia.
La sua più realistica carnosità contribuiva a renderla, se
possibile, ancor più desiderabile. Il suo ritorno con torta e
liquore fu occasione per tutta una serie di frasi convenzionali
d'obbligo sul disturbo reciproco e sui dinieghi d'uso. Intanto,
nell'animo del ragionier M prendeva corpo il temuto svolgersi del
tempo in modo inerte, senza cioè che alcun gesto, parola o atto si
verificasse ad esprimere la passione che nel suo cuore ferveva.
Temeva dover arrivare ad un commiato formale, senza aver osato
qualche avance appagante, cosa che avrebbe poi rimpianto amaramente,
quanto pure temeva che l'ardire, con parole o gesti, potesse
risolversi in un doloroso e clamoroso fiasco.
Inevitabilmente il discorso cadde sui disturbi e sui
malesseri che la avevano costretta ad assentarsi dal lavoro, e,
poiché si trattava di qualche problema alla respirazione, ella volle
avvicinarglisi e sedersi al suo lato, nel poco spazio rimasto del
divanino, così che egli potesse rendersi conto dei problemi
bronchiali che le si presentavano, semplicemente ponendo orecchio sul
suo seno, come appunto usava fare il medico. Gli mise a disposizione
buona parte del busto aprendo la vestaglia nella parte superiore del
corpo, mentre le falde dello stesso indumento, al di sotto della
cintura, non più trattenute dalle gambe accavallate, ricadevano
lasciando scoperte le cosce fino all'inguine. Egli fu dunque
costretto ad un innaturale torsione del proprio corpo per avvicinare
il viso al seno, mentre la mano, per reggersi fu costretta a scorrere
su di esso fino a raggiungere una coscia ed appoggiarvisi.Un
piccolissimo reggiseno copriva appena la parte più sporgente delle
mammelle che, in quella posizione, sentiva calde sotto la sua bocca,
mentre il suo sguardo spaziava lungo il rimanente del corpo,
affascinato da un piccolo ciuffo di peli che fuorusciva a lato dello
slippino, come dimenticato o mal ricoperto, ad una minima distanza
dalla sua mano.
Ora l 'impegno era di udire le prove di una bronchite in
atto, ma, o per imperizia o per emozione, non udì nulla. Capiva però
che quello era il momento cruciale che gli si offriva per quella
azione che tante volte aveva immaginato. Già stava per prendere il
necessario coraggio, spinse ancora un poco la testa verso di lei e
per far ciò dovette infilare la mano sulla quale si reggeva un poco
a lato della coscia, verso il gluteo, e torcere ancora un poco il
proprio corpo.
Fu allora che accadde l'imprevisto. Un ben noto dolore
lancinante, già provato altre volte quando costretto ad assumere
posture innaturali, lo colse al costato a destra poco sotto
l'ascella. Un male tanto acuto da togliere il fiato, che non gli
permetteva di rimanere più a lungo in quella posizione. Egli dunque
si ritrasse cercando di dominare l'inevitabile smorfia di dolore,
respirando adagio, nella speranza vivissima che la sofferenza
cessasse subito.
Non trovò il coraggio di confessare l’inconveniente e
purtroppo preferì assumere l'atteggiamento di chi, integerrimo, non
cede ad inviti tanto espliciti. Purtroppo, perché, lo sapeva, si
sarebbe pentito amaramente di questo mascheramento che non concedeva
forse altre opportunità future.
Da quel momento tutto fu più confuso, nella sua mente
si svolse un turbinio di desiderio di fuga, di senso di colpa, di
vergogna, di rabbia, si sentì maldestro e sciocco, vittima di un
destino avverso. Le formalità che erano state sul punto di esser
messe da parte, ignorate grazie ad un rapporto più intimo finalmente
aperto all'appagamento di tanti desideri, tornarono cupe e dominanti,
di un grigiore addirittura esasperato.
Uscì da quella casa disperato e vinto, incapace di
immaginare un proprio futuro.
Ormai non avrebbe più potuto pensare alle situazioni
allettanti che la fantasia gli aveva suggerito fino allora,
ambientate in quella casa, che pure ora era in grado di vedere nella
sua reale disposizione.
Giunse alla propria abitazione con fatica e con tanta
voglia di piangere e commiserarsi, incapace di fissare un proprio
comportamento nell 'immediato futuro.
Fu così che, sedutosi al suo tavolo, scrisse la domanda
di essere trasferito, per necessità familiari con effetto immediato,
ad altro compartimento, altrove, lontano da quegli uffici che ormai
sarebbero diventati il suo tormento.
Lasciò il suo ufficio senza salutare ed insalutato.
Consegne non ve n'erano da fare ad altri, la Santini aveva nelle sue
mani tutto il lavoro ed il disbrigo degli incartamenti. Né vi fu chi
dopo pochi giorni di sua assenza ricordasse il ragionier M. Non ebbe
più modo, e questa era soprattutto la sua intenzione, di rivedere
nell'ambiente di lavoro la Bellona.
Fu solo dopo un lungo periodo, sicuro di aver smaltito
la ubriacatura amorosa, che un pomeriggio tornò davanti al portone
dell'edificio del suo vecchio ufficio ed attese l'uscita degli
impiegati, nascosto alla loro vista in un atrio di fronte.
Attese fino a quando in mezzo agli altri non vide uscire
la Bellona.
Camminava con lentezza, al braccio di uno che egli
riconobbe come un collega, ma del quale non ricordò il nome,
visibilmente incinta.
Seguì con lo sguardo le due figure finché non si
persero fra la gente in lontananza.
Attese ancora un poco per non rischiare di incontrare
qualcuno di loro e poté così osservare anche la vecchia Santini
procedere, segaligna come sempre, verso casa, sola e triste nel suo
solito cappottino.
Poi si avviò per la sua strada, con un grosso vuoto
nello stomaco. Un vuoto che aveva creduto di non dover più
sentire.
(Novelletta di Franco Sorbi, ottobre 2003)